Il testo dell'intervento che ho fatto al convegno "Un Arcobaleno prima della tempesta" tenutosi a Torino il 31 maggio scorso.
Il mio discorso riguarderà l’obiezione di
coscienza ripercorrendone velocemente storia e motivazioni, la situazione
attuale in Italia, per allargarsi alle alternative alla guerra, proponendo alla
fine alcune iniziative pratiche da attuare oggi.
Disobbedire alla guerra:
il modo più naturale e diretto è quello
semplicemente di non farla. Non parteciparvi.
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Non partecipare alla sua preparazione
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Alle politiche che la avvicinano
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Al suo finanziamento.
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Soprattutto non farla: l’obiezione di
coscienza
Breve storia
L’obiezione di coscienza ha radici
antiche: molti cristiani sotto l’impero romano si rifiutarono di prestare
servizio militare: la legge di Dio non uccidere era superiore a quella
dell’imperatore.
San Massimiliano è uno dei più noti,
martirizzato nel III sec per aver rifiutato l’arruolamento: è oggi proposto
come santo protettore degli obbiettori.
La questione in realtà era dibattuta ed
alla fine prevalse la teoria della “guerra giusta”.
In tempi più recenti abbiamo un altro
obbiettore salito agli altari: il beato Franz Jägerstätter, austriaco, ghigliottinato
nel 1943 per essersi dichiarato obbiettore.
Nell’epoca moderna ci sono alcune
chiese, nate dalla riforma, che hanno fatto proprio il rifiuto di prendere le
armi: quaccheri, mennoniti; a questi vanno aggiunti i vecchi credenti in Russia,
i testimoni di Geova. La motivazione è soprattutto morale: un cristiano non può
uccidere; il comandamento è assoluto, per questo non si può servire in una
struttura come l’esercito.
Nell’Ottocento l’internazionalismo, la
solidarietà tra gli oppressi, la diffusione di idee anarchiche fan sì che si
diffonda il rifiuto dell’esercito.
Abbiamo diversi autori che richiamano il
dovere morale di rifiutarsi di uccidere: tra questi ricordo l’americano Henry Thoreau,
che a metà ‘800 rifiutò di pagare le tasse come forma di protesta contro la
guerra tra USA e Messico; e il ben più famoso Tolstoj: dal 1880 in poi, quando
avvenne quella che lui chiamò la sua conversione, dedicò quasi interamente la
sua attività e la sua vita a sostenere gli obbiettori di coscienza. Egli vede
nel servizio militare obbligatorio che in quegli anni si stava diffondendo, uno
strumento di oppressione.
Con Tolstoj il rifiuto della guerra, e
del servizio militare, diventa atto non più solo morale, ma politico.
Dall’obiezione passiamo alla nonviolenza.
Con Gandhi la nonviolenza diventa mezzo
di lotta politica, resistenza all’oppressione, difesa dalle aggressioni,
strumento valido per ottenere giustizia, praticata da grandi masse di popolo.
In Italia con Pietro Pinna nel 1948
l’obiezione fa capolino nel dibattito pubblico; si ha la prima proposta di
legge per la sua legalizzazione
L’accoglienza da parte cattolica
all’inizio fu molto diversificata. Dal lato ufficiale ci fu comprensione ma
rifiuto (articolo di Messineo su “La Civiltà Cattolica”)
Nel 1955 don Mazzolari, che la guerra
l’aveva vista da vicino come cappellano militare al fronte della Grande Guerra,
scrive “Tu non uccidere”, anonimo, per non incorrere nella repressione, civile
ed ecclesiastica, tanto per capire i tempi.
Ci furono i primi obbiettori cattolici:
Mario Gozzini, Fabrizio Fabbrini e altri.
Il MIR, nato nel 1914 da una doppia
obiezione, la cui sezione italiana fu costituita nel 1952, raccolse e sostenne
questi obbiettori.
La questione arrivò anche al Concilio, e
qui ci fu un primo rovesciamento.
La “Gaudium et spes”, promulgata nel
1965, apre all’odc e ne auspica il riconoscimento legale.
Lo stesso anno, 1965, don Milani scrive
ai cappellani militari la famosa lettera, nota come “L’obbedienza non è più una
virtù” ed in seguito a denuncia, quella ai giudici. Il caso, col processo che
si protrasse fino al 1969, fece scalpore.
Nel 1972 arriva il riconoscimento
legale: si apre il servizio civile; in esso si impegneranno non solo i
movimenti nonviolenti, ma anche larga parte delle associazioni di volontariato
cattolico, tra cui la Caritas; l’obiezione di coscienza da “ammessa” diventa
scelta privilegiata.
Nel 1983 MIR, Mn ed altri, a cui si
aggiungeranno Assopace e Pax Christi lanciano la prima campagna di obiezione di
coscienza alle spese militari, che si pone come obbiettivo, l’istituzione della
difesa popolare nonviolenta, alternativa a quella militare, e l’opzione fiscale,
attraverso cui i cittadini possono decidere se finanziare la difesa militare o
quella nonviolenta.
Situazione oggi
L’ONU ha inserito l’odc tra i diritti
fondamentali, assumendo che essa costituisce espressione del diritto alla
libertà di coscienza (art18 della dichiarazione universale).
Anche il consiglio d’Europa e l’Unione
europea la inseriscono tra gli obblighi dei propri stati membri.
Il riconoscimento formale è garantito
nella maggior parte degli stati e dappertutto in Europa, ma con leggi spesso
molto restrittive, e in molti paesi è resa difficile: tra questi Turchia,
Grecia, Russia, Bielorussia, Ucraina e tutti gli stati belligeranti in genere.
In Italia la leva è stata sospesa, non
abolita; in qualsiasi momento il governo può ripristinarla; secondo il codice
militare oggi in vigore, chi volesse obbiettare, ha 15 giorni di tempo
dall’eventuale chiamata per dichiararsi obbiettore, la domanda non è soggetta
ad indagine; non possono farla coloro che hanno prestato servizio in corpi
armati, chi ha porto d’armi, chi ha subito condanne per atti violenti o
partecipazione a gruppi eversivi (artt 2097 ss codice ordinamento militare).
In caso di guerra o mobilitazione
generale, gli obiettori che venissero richiamati, verranno assegnati alla protezione
civile o alla croce rossa.
Le alternative alla guerra come difendersi.
La domanda di fondo che ci viene sempre
rivolta è: come ci si difende dalle aggressioni? Sarebbe bello un mondo di
nonviolenti, ma i violenti, i dittatori, i prepotenti ci sono e occorre
prepararsi ad affrontarli.
Noi rispondiamo: pienamente d’accordo, i
nonviolenti non negano il diritto alla difesa ed alla sicurezza; solo che nel
secolo XXI la guerra è “fuori dalla ragione” (Pacem in Terris).
Qualsiasi guerra, ma soprattutto quelle
che coinvolgono potenze nucleari, se non fermate in tempo, hanno come sbocco la
guerra atomica, e lì non ci sono né vincitori né vinti, ma solo morte.
Dobbiamo usare altri mezzi per
difenderci, ed essere sempre pronti a resistere con la nonviolenza e
l’organizzazione popolare.
La difesa civile non armata e
nonviolenta (DCNANV) entra nella legislazione italiana nel ’98, come
conseguenza della lunga campagna di obiezione alle spese militari; essa è una
realtà, usata più volte dai popoli per resistere alle aggressioni ed ottenere
giustizia. Esistono studi e ricerche che ne dimostrano l’efficacia, in genere
superiore alle lotte armate.
Esempi: India, i diritti civili negli
Stati Uniti per gli afroamericani, la liberazione dalla dittatura di Pinochet
in Cile, dalla dittatura di Marcos nelle Filippine ‘86, la Polonia di
Solidarnosc, e tutte le rivolte nell’Est che hanno portato alla caduta del
muro; la resistenza nonviolenta dei popoli ha sconfitto l’impero sovietico non
la guerra, né la corsa agli armamenti, come vorrebbero farci credere; le
primavere arabe, anche se poi hanno avuto un'involuzione; le varie rivoluzioni
colorate: in Cecoslovacchia, Serbia, Ucraina, e in vari altri paesi. I casi
storici sono molto più numerosi.
Per approfondire occorrerebbe un
convegno ad hoc, anzi sarebbe necessario un approfondimento in merito.
Nel 1995 Alex Langer, attivista molto
noto nei movimenti non violenti, per la pace, per l’ecologia, europarlamentare
per i Verdi, propose l’istituzione di corpi civili di pace (CCP), con una
mozione poi recepita dal Parlamento europeo, ma mai attuata.
Da alcuni anni è in corso una campagna
dei movimenti nonviolenti chiamata “Un'altra difesa è possibile”; si
tratta di una proposta di legge di iniziativa popolare per l'istituzione di un
dipartimento della difesa civile non armata e nonviolenta, finanziato con una
parte dei proventi irpef che i cittadini decidono di destinare ad esso.
Sono state raccolte quasi 100.000 firme,
la proposta è stata reiterata da deputati e senatori sensibili per 2
legislature, ma ancora giace nei cassetti della camera.
E quando sento parlare della
partecipazione dei cattolici, dei cristiani nella politica, di un loro
specifico, mi chiedo: non dovrebbe essere proprio questo uno dei temi di fondo
un'idea diversa di difesa, la nonviolenza come stile di una nuova politica?
Che fare?
Provo a buttar giù una serie di proposte,
non esaustive, ma che potrebbero, se portate avanti, concretizzare una
alternativa alla guerra.
Sono su 4 livelli di impegno:
Stili di vita
“Vivere semplicemente perché tutti
possano semplicemente vivere” (Gandhi).
Una società che consuma risorse in
eccesso, che mette in crisi la sostenibilità del pianeta, che crea
diseguaglianze è una società belligena.
Negli anni ’80 venne lanciata una
campagna che coinvolse soprattutto il mondo del volontariato: “contro la
fame cambia la vita”, in cui si proponevano alcune azioni ed impegni per
rivedere il nostro stile di vita consumista in uno stile che favorisca il
rispetto dei diritti umani e del lavoro, la sostenibilità ambientale, l’accesso
di tutti alle risorse che la Terra offre.
Qualcosa che può iniziare da noi stessi
o in piccole comunità.
Impegno culturale:
Informarsi, approfondire diffondere
notizie indipendenti, raccontare la verità, per quanto possibile, senza
lasciarsi trascinare dalla propaganda: ci sono agenzie e siti internet che
possono essere utili; Transcend,
fondata dal compianto Johann Galtung, Wagingnonviolence, atlante delle guerre.
Educazione alla pace (il centro sereno
regis fa un grosso lavoro in tal senso)
Ricerca studio e formazione all’azione nonviolenta;
le attuali reti (rete italiana pace e disarmo, europe for peace) potrebbero
promuovere la formazione di gruppi di azione nonviolenta in ogni luogo dove
nodi della rete sono presenti; bisognerà pur sperimentarla la difesa
nonviolenta!
Politica:
La pace e la guerra sono decisioni
politiche, non catastrofi naturali; è dunque a livello politico che occorre
intervenire per modificare le scelte che portano alla guerra.
Una politica che cerchi la giustizia
attraverso il rispetto dei diritti umani, ripudi la guerra.
La scelta dell’Europa di puntare sul
riarmo è una scelta folle: stiamo creando le stesse condizioni storiche dei
primi anni del ‘900: sappiamo quale sarà il risultato.
Dobbiamo batterci per il cessate il
fuoco immediato: a Gaza, in Ucraina, ovunque; fermate le armi e muovete la
diplomazia.
Occorre un piano di disarmo
generalizzato, a cominciare da quello nucleare.
Nel 2021 è entrato in vigore il trattato
ONU di proibizione delle armi nucleari (TPAN) firmato da 94 stati: produrre,
detenere, ospitare nel proprio territorio le armi nucleari è mettersi fuori
dalla legalità internazionale. Bisogna chiedere che l’Italia aderisca a questo
trattato.
Movimenti:
È al livello dei movimenti che possiamo
prenderci degli impegni più concreti ed immediati.
Propongo qui 4 campagne:
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Dichiarazionedi obiezione di coscienza: sensibilizzare soprattutto i giovani in età di
leva a dichiararsi sin d’ora obiettori di coscienza; il movimento nonviolento
sta raccogliendo queste dichiarazioni che intende presentare al presidente
della repubblica chiedendo che vengono da subito inseriti in un albo di
obiettori. Dono state raccolte più di 5000 firme, significative per
testimoniare la propria volontà di rifiutare la guerra, troppo poche per un
movimento di opposizione alla guerra.
-
Objectwar campaign: è una campagna europea di sostegno agli obiettori e a tutti
quelli che rifiutano la guerra in Ucraina, Russia, Bielorussia. Chiede che l’UE
conceda l’asilo politico a chi fugge da paesi in guerra per motivi di
coscienza, cosa che attualmente non è scontata, anzi difficile da ottenere. Il
sostegno è esteso anche ai refusnik israeliani, militari che vogliono uscire
dall’esercito di Israele perché non vogliono più partecipare a quella immonda
mattanza cui8 stiamo assistendo.
-
Un’altra difesa è possibile:
è la campagna già citata per promuovere la DCNANV
-
Italiaripensaci: è la campagna nata di ICAN, RIPD, Senzatomica per chiedere
l’adesione dell’Italia al TPAN
A queste aggiungo come azioni
Campagnabanche armate; viene pubblicato un elenco con gli investimenti che le varie
banche fanno nell’industria delle armi: disinvestiamo da quelle più esposte
investiamo in quelle “disarmate”
Sostegno alle lotte nonviolente nel
mondo
Attività nella nonviolenza organizzata (M.I.R., Mov. nonviolento, CSSR, PaxChristi, ecc).
Nel 2017 a Torino è nato il coordinamento contro le armi atomiche, tutte leguerre e i terrorismi: A.G.iTe., composto da diverse associazioni
pacifiste.
Termino con un invito ad un’azione
semplice semplice: ogni sabato il coordinamento agite è in piazza Carignano per
un’ora di presenza di pace, tutti i sabati dal febbraio 2022, è una
testimonianza che teniamo viva con costanza, per rendere visibile che non
dobbiamo e non vogliamo assuefarci alla guerra.
Chi volesse venga, di sabato, dalle 11
alle 12 in piazza Carignano; a sostegno di una pace disarmata e disarmante.