domenica 11 dicembre 2022

Dalla teologia della guerra giusta alla teologia della nonviolenza: un percorso da continuare

 Lo scorso 3 dicembre si mè svolto un convegno per ricondare i 70 anni di fondazione della sezione italiana del MIR - Movimento Internazionale della Roconciliazione.

Io ho svolto una relazione sul cammino ecumenico verso la nonviolenza e sulle prospettive future di questo percorso che riporto qui di seguito

Premessa:

Il Mir sorge e si sviluppo nell’ambito ecumenico. In un’epoca in cui l’ecumenismo non aveva quella generale accettazione da parte delle chiese di cui gode tutt’ora.

Era aspirazione di piccolo minoranze in ambito cattolico, assente nel mondo ortodosso, un po’ più diffuso in ambito protestante anche se ancora guardato con sospetto.

C’erano però iniziative diffuse sul problema pace e guerra, un internazionalismo pacifista Cristiano, soprattutto ad opera delle varie Peace Society era attivo dalla fine del secolo XIX. Ci si chiedeva come era possibile che cristiani potessero scendere in guerra contro altri cristiani, proclamando l’amore universale di Cristo. Il socialismo aveva inventato l’internazionalismo proletario, il comune interesse di lavoratori e sfruttati travalicava gli angusti confine nazionali utili a mantenere lo sfruttamento.

Così anche i cristiani, che la fratellanza universale aldilà delle nazioni l’hanno nel DNA, dovevano arrivare al ripudio della guerra.

In questo humus, crebbe e si sviluppò il MIR internazionale ossia l’Ifor.

Oggi l’ecumenismo è celebrato da tutti come il percorso che interroga tutte le Chiese, ed in quest’ambito un discorso particolare riguarda l’atteggiamento nei confronti della guerra.

 

Dalla guerra giusta alla teologia della nonviolenza

Praticamente tutte le chiese nel ‘900 accettano la teoria della guerra giusta, formalizzata da S. Tommaso d’Aquino nel ‘200, ma già elaborata da sant’Agostino in seguito al sacco di Roma (410).

Ma dopo le 2 guerre mondiali, e soprattutto con lo sviluppo delle armi atomiche ci si pone la domanda se possa ancora esistere una guerra giusta, visto che ognuna di esse può evolvere in guerra atomica.

Il ‘900 oltre ad essere il secolo delle due guerre mondiali, dell’olocausto (ce n’è stato più d’uno in realtà) è anche il secolo di Gandhi, della pratica e della teorizzazione della nonviolenza, non solo come filosofia, come concezione del mondo, ma come metodo per ottenere giustizia senza ammazzare: e le chiese cristiane non potevano restare insensibili.

Il MIR internazionale ebbe la sua parte in questo cammino dalla “guerra giusta” alla “teologia della nonviolenza”. Sin dagli anni ’50 Jean e Hidegard Goss iniziarono la loro opera “di convinzione”, e trovarono alcune porte aperte. Poi col Concilio organizzarono insieme ad altri, Lanza del Vasto, Dorothy Day, Thomas Merton, una azione che oggi definiremmo di “lobbying” per ottenere un riconoscimento dell’obiezione di coscienza, l’immoralità e dunque  la condanna delle armi di distruzione di massa (ABC), il riconoscimento della via nonviolenta come via evangelica.

Se guardiamo la situazione ad oggi tutti e 3 gli obbiettivi possono dirsi sostanzialmente raggiunti; il cammino però è stato lungo e si è svolto prevalentemente dopo il Concilio. Un capitolo della Gaudium et Spes riguarda la questione pace e guerra e lì c’è una apertura all’obiezone di coscienza come testimonianza (tenere conto che solo 10 anni prima, nel dibattito che si era sviluppato in Italia al seguito del processo a Pietro Pinna era stata bollata come scelta coraggiosa ma da non seguire), la condanna dell’uso, ma non della deterrenza, delle armi ABC.

Nel ’63 era però uscita la Pacem in Terris, pietra miliare di questo cammino, dove la guerra viene definita folle (alienum est a ratione), concetto che andrebbe ribadito oggi a tutti coloro che pensano che la guerra sia l’unico strumento per ripristinare giustizia).

Il movimento ecumenico, che dal 1948 ha uno strumento il consiglio ecumenico delle chiese, che riunisce la maggior parte delle chiese protestanti ed ortodosse e la chiesa cattolica, che non è membro effettivo, ma collabora ai lavori, ha anch’esso fatto passi Avanti, ed ha contribuito a questo cammino della Chiesa cattolica.

Altra pietra miliare nel cammino ecumenico verso la pace è stato l’incontro di Basilea, prima assemblea ecumenica europea tenutasi nel Maggio 89 (toh pochi mesi prima della caduta del muro) a cui parteciparono cattolici, protestanti, ortodossi sui temi di pace, giustizia salvaguardia del creato (il programma del mir), a cui seguirono quella di Graz, Sibiu, mentre nel 2013 a Busan, in Corea del Sud l’assemblea del WEC definisce in un documento la via per una pace giusta, ribaltando la teologia della guerra giusta in quella della pace giusta.

Tutto questo cammino abbiamo cercato di descrivere io e Ilaria Ciriaci nel libro “guerra pace e nonviolenza” uscito nel 2015 per le edizioni paoline.

Oggi abbiamo le numerose prese di posizione di papa Francesco, che ha continuato quel cammino fino ad arrivare a prefigurare una teologia della nonviolenza. Il Vaticano è stato uno dei primi stati ad aver ratificato il Trattato ONU che mette al bando le armi nucleari, ha dedicato la giornata della pace del 2017 alla nonviolenza, e si spende per la pace in ogni dove con grande passione ed intelligenza.  L’insegnamento di papa Francesco va proprio in direzione della ricerca di un nuovo modo di concepire le relazioni internazionali, favorendo tutte quelle azioni che cercano di ristabilire giustizia, perché sappiamo tutti che non ci può essere pace senza giustizia, con i metodi della nonviolenza, lottare senza uccidere, ribellarsi senza distruggere, giacché sappiamo altresì che senza pace non c’è giustizia

 

 

Le sfide dell’ecumenismo oggi.

Oggi si parla ormai di inter-religiosità, non solo più di ecumenismo. Lo stesso IFOR si definisce movimento inter-religioso, travalicando l’ambito Cristiano. E’ ovvio che questa attività interreligiosa non può toccare il contenuto diciamo dogmatico della fede che rimane distinto e come tale va rispettato, ma l’attività. Qualunque sia il nome con cui preghiamo Dio, o semplicemente la nostre risposte che diamo alle domande “ultime”, tutti però dobbiamo riconoscerci come fratelli e sorelle, rispettare il diritto sacro alla vita di ciascuno di noi, e cercare le vie per gestire questa difficile convivenza tra ormai 8 miliardi di persone senza uso di violenza, di morte data, e dobbiamo iniziare col bandire la guerra dalla storia, a cominciare da quele micidiali armi in grado di distruggere la Terra, annullando la Creazione di Dio.

Documenti ce ne sono stati tanti, ma i problemi iniziano quando si scende alle scelte concrete nel loro contest specifico.

Ecco che oggi assistiamo all’assurdo che una guerra tra Stati provoca una guerra tra chiese. Abbiamo ascoltato le parole del patriarca di Mosca Kirill a sostegno della guerra; neanche un accenno, un invito almeno ad evitare i fatti più cruenti, molti di noi sono rimasti inorriditi; e gli attacchi al papa, anche da parte di alti prelati della chiesa Greco-cattolica (Uniate) di Ucraina per i suoi gesti di riconciliazione come quando alla via Crucis ha chiesto ad una famiglia ucraina ed una russa di portare la croce.

Sembrano passati secoli dall’incontro di Basilea.

Eppure occorre rivitalizzare quel cammino ecumenico, proprio perché attraverso quello possiamo far breccia nei sentimenti eccessivamente nazionalisti di alcune chiese; soprattutto facendo attenzione a rispettare le convinzioni reciproche, ma tra cristiani non bisognerebbe mai ricorrere alla guerra.

Nell’attività del movimento pacifista forse occorrerebbe fare uno spazio per cercare contatti parlare incontrarsi con le comunità ortodosse senza cadere nell’errore che spesso fanno gli occidentali (noi siamo occidentali) di voler insegnare agli altri come comportarsi.

Associazioni come la comunità di Sant’Egidio svolgono un compito preziosissimo nel curare i rapporti con le alter chiese.

La ripresa del cammino ecumenico per la pace sarà determinante per la ricostruzione di un mondo distrutto dalla guerra attuale che non riguarda solo l’Ucraina.

Questo nella consapevolezza che oggi le religioni non hanno più quella influenza sulle coscienza dei popoli, ma costituiscono un punto di riferimento importante