satyagraha

alla ricerca della forza nonviolenta della verità

lunedì 19 giugno 2023

Contro l’escalation cresce il numero degli obiettori

importante articolo di Mao Valpiana sul Manifesto del 12 maggio 2023


Mao Valpiana

https://ilmanifesto.it/contro-lescalation-cresce-il-numero-degli-obiettori

«I militari ridono di me, dicono che c’è una scelta, o sparare o andare in prigione». Andrii Vyshnevetsky è un giovane ucraino di 34 anni, obiettore di coscienza cristiano. «Non voglio stare nell’esercito. Sono contro la guerra, contro la violenza, non voglio le armi». È stato mobilitato a Odessa nel settembre 2022, nonostante avesse chiesto di svolgere un servizio civile alternativo con la Croce Rossa; al momento presta servizio in una cucina militare.

Vyshnevetsky ha denunciato il presidente Zelensky alla Corte Suprema di Kiev, sostenendo che la sua avversione all’obiezione di coscienza è illegale; chiede alla Corte Suprema di ordinare al presidente di riconoscere il diritto all’obiezione di coscienza in linea con la Costituzione ucraina, il Patto internazionale relativo ai diritti civili e politici e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che riconoscono libertà di pensiero, di credo e di coscienza. Il ricorso sarà discusso il 22 maggio dalla Corte Suprema ma l’esito è scontato, condanna e prigione, come avvenuto il 6 aprile ai danni di Mykhailo Yavorsky, obiettore di 40 anni di Ivano-Frankivsk, condannato ad un anno per aver rifiutato la mobilitazione obbligatoria.

Nel frattempo il primo obiettore di coscienza ucraino dall’inizio del conflitto, Vitaly Alekseenko detenuto nel carcere n. 41, ha ricevuto il 14 aprile la visita della presidente dell’Ufficio europeo per l’obiezione di coscienza, Alexia Tsouni, che ha riferito all’Ong norvegese per i diritti umani Forum 18 come lo stesso difensore civico ucraino abbia denunciato «l’uso eccessivo della forza sui prigionieri, violazioni del diritto alla privacy, violazioni delle condizioni igieniche, oltre a costringere i detenuti a stare in piedi durante tutto il tempo degli allarmi aerei».

Ancora peggio va agli ucraini dei territori occupati dalla Russia. L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha documentato che in Crimea oltre 3.000 uomini sono stati arruolati a forza nelle forze armate russe, in violazione dell’articolo 51 della Convenzione di Ginevra: «La Potenza occupante non può costringere persone protette a prestare servizio nelle sue forze armate o ausiliarie. Non è consentita alcuna pressione o propaganda che miri ad assicurare l’arruolamento volontario».

Anche in Bielorussia gli obiettori di coscienza e i disertori sono perseguitati e incarcerati. L’organizzazione pacifista Our House ha calcolato che più di 20.000 giovani abbiano lasciato il loro Paese e cercato rifugio all’estero, perché temevano di essere reclutati. La Bielorussia è uno dei paesi più militarizzati del continente europeo, un vero e proprio stato di polizia che ha instaurato la pena di morte per i disertori e promuove l’addestramento militare per i bambini dai 6 anni in su. Olga Karach, la pasionaria nonviolenta, dall’esilio invita «le madri, i padri, le sorelle e i fratelli in Bielorussia di incoraggiare i giovani a non arruolarsi nell’esercito e di aiutarli a sfuggire al reclutamento».

Gli attivisti nonviolenti russi stanno realizzando una campagna di incontri online in cui rispondono alle numerose richieste; fanno circolare clandestinamente video contenenti istruzioni per evadere la mobilitazione. Stanno anche utilizzando canali cifrati telegram per consultazioni aperte: l’obiettivo è raggiungere più persone possibili che rifiutano di partecipare alla guerra.

Go by the Forest è l’associazione che tutela gli obiettori: Abbiamo aiutato più di 4.000 persone. Forniamo assistenza legale e psicologica, aiuto per trovare asilo, trasferimento attraverso le frontiere e aiuti finanziari». Ma anche quando riescono a lasciare il paese, i maschi in età di leva possono restare in Kazakistan, in Armenia o in Georgia solo pochi mesi, poi devono scegliere tra rientrare in Russia, dove saranno arrestati, o entrare in clandestinità.

Il 15 maggio si celebra in tutta Europa la Giornata internazionale dell’obiezione di coscienza al servizio militare. L’iniziativa internazionale #ObjectWarCampaign chiede protezione per obiettori e disertori russi, ucraini e bielorussi che si rifiutano di partecipare alla guerra. La petizione online ha superato le 50.000 firme.

I partner italiani della Campagna internazionale (tra cui Giuristi Democratici, Mir, Un Ponte Per, Movimento Nonviolento, Pax Christi) martedì 16 maggio manifesteranno a Roma davanti alle ambasciate di Russia, Ucraina e Bielorussia, e poi terranno una conferenza-stampa presso la sala Nassirya del Senato.





 

Pubblicato da Paolo Candelari alle 12:44:00 Nessun commento:
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su XCondividi su FacebookCondividi su Pinterest

martedì 16 maggio 2023

Obietta alla guerra: con gli obiettori russi, bielorussi, ucraini

 

Ecco gli elmi dei vinti

e quando un colpo

ce li ha sbalzati dalla testa

non fu allora la disfatta

fu quando obbedimmo

e li mettemmo in testa

B.Brecht 

Ieri 15 maggio è stata la giornata dell'obiezione di coscienza, proclamata diversi anni fa dalle organizzazioni degli obiettori  Ë riconosciuta a livello internazionale da diverse istituzioni. Nessuna meraviglia che per molti questa sia una novità; nei giornali non se ne parla, nelle scuole ancor di meno, agli Stati, di qualunque colore e regime, sotto qualsiasi governo, non va molto sottolineare un atto che proclama il diritto alla disobbedienza.

 Ieri 15 maggio è stata la giornata dell'obiezione di coscienza, proclamata diversi anni fa dalle organizzazioni degli obiettori  Ë riconosciuta a livello internazionale da diverse istituzioni. Nessuna meraviglia che per molti questa sia una novità; nei giornali non se ne parla, nelle scuole ancor di meno, agli Stati, di qualunque colore e regime, sotto qualsiasi governo, non va molto sottolineare un atto che proclama il diritto alla disobbedienza.

Questa data è stata ricordata solo dai movimenti nonviolenti e di obiettori.

Quest'anno essa si accompagna ad un evento importante: la manifestazione conclusiva che si terrà in diverse capitali europee della campagna .di obiezione alla guerra (#objectwarcampaign). Una campagna lanciata lo scorso anno per invitare tutti i cittadini di ogni parte del mondo a unirsi allo sforzo internazionale per garantire protezione e asilo agli obiettori di coscienza e ai disertori russi, bielorussi e ucraini. E’ stata scritta una petizione rivolta alle massime autorità dell’Unione Europea per chiedere di garantire loro il diritto di asilo; firmata da circa 50000 cittadini europei, verrà consegnata oggi accompagnata da una serie di manifestazioni davanti alle ambasciate di Russia, Bielorussia e Ucraina.

Sono 2 gli aspetti su cui vorrei soffermarmi

1) le guerre sono combattute da Stati, in passato da monarchi, in molti Paesi da autocrati, che spingono la gente ad ammazzarsi per loro calcoli di potere, per espandere sfere d'influenza, affermare se stessi, tutte ragioni che raramente i popoli capiscono. Ma tutto il sistema politico-culturale e anche repressivo fa sÏ che in genere si trovino sempre giovani disposti a farsi ammazzare.

Le guerre sarebbero molto più  difficili se chi fosse chiamato si rifiutasse di combattere, o almeno si chiedesse per quale ragione sacrificarsi.

Noi nonviolenti, in genere moderati, nei periodi bellici diventiamo estremisti, siamo contro la guerra senza se e senza ma, e siamo convinti che il primo dovere di ogni cittadino (e ormai grazie alla parità di genere anche in campo militare bisogna dire anche di ogni cittadina) sia rispondere alla propria coscienza.

E' vero che raramente le guerre terminano su pressione dei "renitenti".

Ci sono però 2 casi nello scorso secolo che sono state clamorose eccezioni: gli USA hanno dovuto sospendere la guerra nel Vietnam per l'opposizione diffusa in patria; la guerra è stata fermata dalle cartoline-precetto bruciate nei campus universitari, non da sconfitte militari sul campo; e proprio in Russia nel 1917 i soldati si rifiutarono di combattere: ne venne poi fuori una rivoluzione che cambiò la storia del mondo; quanto a guerre, uscirono anzitempo dalla Grande guerra mondiale ma si ritrovarono con una guerra civile che durò ben di più. In America il sistema resse, anche perchè ad un certo punto rinunciò ad insistere ed ascoltò saggiamente i "propri figli".

Visto il rifiuto dei politici in guerra, Putin innanzitutto, ma poi tutti gli altri, direttamente od indirettamente coinvolti, compresi gli ormai bellicosi leader europei, di cercare una via, se non di pace, che almeno faccia tacere le armi, occorre accarezzare la speranza che siano i popoli, i giovani mandati ad ammazzarsi che ad un certo punto dicano NO e si rifiutino di combattere.

Ecco perché è importante sostenere, accogliere, aiutare coloro che praticano questo rifiuto. E se l'Europa democratica avesse veramente a cuore le sorti della democrazia e della libertà, dovrebbe spalancare le porte soprattutto agli obiettori russi, avanguardia di quella Russia che osa dire no a Putin. Purtroppo non è cosÏ, e gli obiettori vengono respinti alle frontiere.

2) Il movimento pacifista è stato spesso accusato di essere filo-putiniano; i più generosi consentono che siamo dei poveri ingenui che facciamo oggettivamente gli interessi dell’aggressore; prova ne sarebbe che non facciamo manifestazioni contro la Russia: quante volte siete andati sotto l’ambasciata russa? è la domanda che mi sento ripetere A parte che di ambasciata ce n’è una sola a Roma, per cui è difficile per una manifestazione torinese andare sotto di essa; ma in questo caso è evidente quanto poco putiniani siamo, visto che difendiamo chi a Putin vuol disobbedire, e andiamo sotto la sua ambasciata, e a quella del suo fido burattino bielorusso, a dire “non perseguitare” chi si rifiuta di andare in guerra. E ci ritroviamo soli!

Andiamo anche all’ambasciata ucraina, perché per noi essere solidali con gli ucraini vuol dire essere solidali anche con coloro, ucraini, che ritengono di difendere la loro Patria con mezzi nonviolenti, senza uccidere né odiare, foss'anche un invasore russo; non fuggono, rimangono lì, salvo quando li mettono in galera, perché il diritto all’obiezione di coscienza viene sospeso quando si è in guerra, il che capita anche a tutti gli altri diritti umani

Non c’è dubbio che l’obiezione più “utile” contro la guerra è quella dei russi, infatti gli obiettori russi sono molto più numerosi.

Noi sosteniamo tutte le obiezioni, perchè “nè un uomo nè un soldo per la guerra”

Con questo spirito sosteniamo e continueremo a sostenere coloro che si rifiutano di partecipare alle guerre, dovunque si manifestino: se il loro numero fosse più alto e si diffondessero in tutti i Paesi, vivremmo in un mondo molto migliore di questo.





 


Pubblicato da Paolo Candelari alle 01:39:00 2 commenti:
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su XCondividi su FacebookCondividi su Pinterest

mercoledì 26 aprile 2023

Pensieri dopo il 25 aprile a Torino

 Di ritorno dalla tradizionale fiaccolata del 24 aprile

La manifestazione è andata bene, un grosso successo, se paragonato agli ultimi anni pre e post-covid; non c’erano le 2000 persone indicate dai giornali, ad occhio saranno state più di 5000; la piazza Castello antistante palazzo Madama era tutta piena.

Ma dopo una manifestazione ordinata, pacifica, che rendeva ragione del permanere di una profonda coscienza antifascista “nonostante tutto”, con anche una discreta, anche se troppo bassa, presenza di giovani, entra in scena la provocazione.

Mentre giravo nella piazza, piena di gente, ma assolutamente senza tensione, vedo dal lato della piazzetta reale gente correre; io, come molti altri attorno a me, non capisco, ma poi intravedo il luccichio dei caschi degli agenti che poi spingono un gruppo verso palazzo madama coi modi poco gentili cui ci hanno abituato.

Faccio fatica a capire il perché, non ci sono bandiere ne cartelli, dunque chi saranno, e quando mai in passato la polizia si permetteva di entrare in una manifestazione.

Faccio un breve giro dalle parti del luogo da dove la baruffa è partita e finalmente le cose mi si chiariscono: un gruppetto sparuto di persone, una decina al massimo, capitanate dal consigliere comunale Viale, radicale, ex Lotta Continua, ex Verde, sono lì con bandiere ucraine (passi), della Nato, di Israele. Come aveva promesso ha messo in atto una provocazione: la Nato non esisteva ai tempi della Resistenza, in seguito si è avvalsa di elementi ultrafascisti per prepararsi ad eventuali governi comunisti (ricordiamo Gladio), ha sostenuto regimi fascisti come Franco in Spagna, i colonnelli greci; e oggi è sostenitrice di una politica militarista che è il contrario di quello per cui i partigiani, pur armati, hanno combattuto. Ma dubito che lo scopo di Silvio Viale, che conosco sin dai tempi delle liste verdi, fosse quello di suscitare una discussione sul problema Ucraina oggi; il solo scopo era quello di provocare, sapendo quanto sia osteggiata la presenza di bandiere Nato, non solo dagli autonomi e dai centri sociali, ad una rievocazione della Resistenza.

Lui è un provocatore, ma sa bene di trovare sempre i “polli” che cascano nella rete.

Ed è quello che puntualmente è successo; a questo punto interviene la polizia, non certo con l’intento di difendere i poveri “natisti”, ma anch’essa con intenti provocatori. Entrano nella piazza, spingendo a manganellate gli “untorelli” che volevano strappare le bandiere invise, facendogli attraversare tutta la piazza, impaurendo la gente attorno che faticava a capire cosa stesse succedendo, portandosi dietro il codazzo di fotoreporter professionisti e improvvisati; a vederla da fuori una scena più comica che tragica.

Il clima disteso e la nessuna voglia di farsi coinvolgere dal resto della piazza ha fatto sì che la provocazione riuscisse solo in parte.

Nessun incidente di rilievo, ma il giorno dopo faccio una ricerca su internet mettendo “manifestazione 24 aprile Torino”; mi vengono solo immagini degli incidenti, cariche della polizia, manifestazione turbata ecc.

Era quello lo scopo, di Viale, ma degli attuali nostri governanti e dei dirigenti dell’ordine pubblico, che con questi si trovano molto a loro agio: dimostrare che gli antifascisti sono tutti facinorosi intolleranti, che il 25 aprile è una data divisiva.

Da tutto ciò traggo una serie di insegnamenti: innanzitutto occorrerebbe una disciplina nelle manifestazioni; ai tempi ci si raccomandava, evitare di mettersi a correre, crea panico, mantenere la calma e cercare di capire; poi i provocatori andrebbero isolati, e alle provocazioni non si deve rispondere; se Viale e il suo sparuto gruppetto di non più di 10 persone fosse stato lasciato in pace ed isolato, magari arrivando a mettersi sotto il palco prima di lui, ma senza spingere, rendendo anche fisico l’isolamento, nessuno l’avrebbe notato. Invece che stare addosso ai poliziotti, visto che la piazza è grande, spargersi, fare una catena umana larga, anche la loro provocazione sarebbe stata vana; dal palco, invece di far finta di niente, dare qualche istruzione, magari invitare ognuno a rimanere al proprio posto, e invitare gli agenti a limitarsi a controllare la manifestazione da fuori, che sarebbe il loro compito.

Infine un suggerimento: visto che la cosa si ripete ogni anno, perché gli organizzatori, l’ANPI, non chiedono sin da prima come autodisciplina del corteo, di non portare bandiere di altri stati: ognuno porti la propria bandiera, della propria associazione, quelle che si usavano durante la resistenza; le altre non c’entrano nulla. Se qualcuno vuole fare una manifestazione pro-Nato, se la faccia per conto proprio, non venga a disturbare le altre.

Se gli altri provocano noi dobbiamo essere più furbi e rendere le loro provocazioni vane.

 

Pubblicato da Paolo Candelari alle 13:41:00 Nessun commento:
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su XCondividi su FacebookCondividi su Pinterest

sabato 8 aprile 2023

Meditazione su Pasqua 2023

 

Scrivo queste mie riflessioni di ritorno dalla Via Crucis per le vie cittadine, nella notte più buia della storia umana: pare tutto finito, la buona novella sembra ormai un ricordo, una pia illusione, una delle tante che gli uomini si sono creati per aggrapparsi ad una speranza, anch’essa vinta dalla violenza, dalla sopraffazione; il giusto è stato condannato a morte, ad una morte atroce, come tanti anche oggi, in ogni parte del mondo; le forze cieche di una natura crudele hanno distrutto Colui per il quale il mondo è stato creato, come ci ricorderà dopo san Paolo. L’amore sconfitto dall’odio, il bene dal male.

Molti avevano creduto che si potesse vivere in un modo diverso, han creduto alla profonda verità delle beatitudini del discorso della montagna; ora sono dispersi, delusi, impauriti, il loro maestro un cadavere chiuso nel sepolcro. E su questo una pietra sigillata è stata posta. Così si concludeva il Vangelo della Passione letto domenica scorsa.

E come non fermarsi qui; come non sfuggire alla sensazione che il mondo sia in questa tenebra: guerre, violenze, malattie, disuguaglianze, tutta la sofferenza umana che può benissimo riconoscersi nella vicenda del Gesù del Venerdì Santo.

Ma il racconto, quel vangelo che domenica si è fermato su quella pietra chiusa e sigillata, continua e domani ci racconterà come quella pietra è stata rovesciata, e con essa il male, la morte destinati ad essere alla fine sconfitti.

Già, ma oggi che viviamo il Venerdì Santo, riusciamo a crederci?

Riusciamo a riconoscerci nel Cristo risorto?

Per me è la speranza che mi tiene in vita, già adesso, che mi spinge a lottare per un mondo giusto, senza guerra, che mi impedisce di cadere nella disperazione, che mi assicura che il (troppo piccolo) amore che riesco a dare ai miei cari, ai miei familiari, alle persone con cui condivido o ho condiviso momenti belli ed altri meno belli, non andrà perso, non finirà un giorno, chiuso in un sepolcro sigillato da una pietra, anche se questo è un passaggio che bisognerà fare.

Perché la Pasqua è questo: la certezza che la vita, l’amore trionferanno, che hanno già iniziato a trionfare, perché Gesù è risorto, è un fatto storico, accaduto più o meno 1990 anni fa.

Umanamente anch’io ho i miei momenti di depressione, ma la fede che da questo giorno di Pasqua scaturisce alla fine è riuscita sempre a prevalere.

Come vorrei condividerla con tutti!

Almeno domani, lasciatemela gridare.

Buona Pasqua a tutti

Pubblicato da Paolo Candelari alle 00:49:00 1 commento:
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su XCondividi su FacebookCondividi su Pinterest

lunedì 20 febbraio 2023

Dopo un anno di guerra: come uscirne?

 

Siamo dunque ad un anno dall'invasione russa dell'Ucraina ed ancora non si vede la fine.

La situazione è andata peggiorando di mese in mese, ed in questo anno abbiamo visto tutte le brutture che ogni guerra si porta dietro. Ci siamo più volte detti che questa non è l'unica guerra, ed è vero, che ce ne sono tante in giro sparse per il mondo anche più sanguinose, verissimo; ma non c'è dubbio che questa è diversa dalle altre, perchè è combattuta da due eserciti veri, dotati delle più sofisticate armi moderne, perchè è uno scontro aperto, con un fronte, movimenti di truppe corazzate, ma soprattutto perchè coinvolge direttamente le due superpotenze, Russia e Stati Uniti, perchè ha sconquassato tutto il mondo creando una coalizione larga di Paesi in conflitto tra di loro, anche se per ora sul campo ci sono solo ucraini e russi, perchè può trasformarsi in qualsiasi momento in una guerra nucleare.

Siamo in presenza della terza guerra mondiale, non più a pezzi; se non la fermiamo in tempo essa coinvolgerà direttamente i nostri Paesi.

 

Partiamo da alcuni punti fermi:

1) la guerra inizia con una aggressione che non ha giustificazione alcuna da parte della Russia. In realtà Putin ha trascinato il suo Paese in questa avventura per le sue ambiziose mire personali di farsi passare per lo zar ricostruttore di un impero ormai antistorico, e per consolidare un regime liberticida e intollerante, che dietro la difesa del "mondo russo" nasconde l'occupazione di tutti gli spazi economici, politici da parte di una cupola mafiosa.

2) essa trova radici nella politica di espansione della Nato a oriente, nel ritorno di un imperialismo russo, nel risorgere di nazionalismi pericolosi ed obsoleti nell'area dell'ex-URSS che da anni sono in conflitto tra loro; in realtà la guerra in Ucraina era già in corso, ma ad una ben più bassa intensità.

3) c'è un moto di ribellione, soprattutto da parte delle generazioni più giovani, in questi Paesi, ai tentativi di imporre autocrazie che generano corruzione e chiudono tutti gli spazi di libertà. Anche in Ucraina questo fattore rende particolarmente inviso il regime russo, visto come simbolo di dittatura e mancanza di libertà. Questo sentimento è stato adeguatamente sfruttato dall'occidente per condurre una politica di contenimento nei confronti della Russia.

4) Ogni persona amante della libertà e della pace non può non avere un moto di simpatia per il popolo ucraino, ingiustamente aggredito, e vede la possibile vittoria di Putin come un pericolo ed un dramma non solo per noi e per gli ucraini, ma per i russi stessi. Questo non deve farci dimenticare che l'Ucraina di oggi, come Stato, non è certo un modello di libertà e democrazia; all'interno di essa e del suo governo esistono forze che hanno cercato questa guerra, oltre a corruzione, e al desiderio di vendetta e di repulisti antirusso.

5) Il movimento per la pace è contro la guerra, ogni guerra, senza "se" e senza "ma", dunque è contro Putin che ha riportato un intero continente in guerra.

 

In questo anno dopo alcuni tentativi iniziali di trattativa, non so quanto sinceri da entrambi le parti, si è avuta la chiusura di ogni negoziato, mentre abbiamo assistito ad una escalation della guerra, che ha portato alla mobilitazione, per ora parziale, in Russia; l'Europa anzichè cercare di fermare la guerra ha inviato sempre più armi.

 Vorrei fare chiarezza su questo: io sono nonviolento, dunque non credo che le armi potranno mai risolvere alcun conflitto, sono convinto che la nonviolenza e le sue tecniche dovrebbero essere il mezzo più adeguato per rispondere alle aggressioni.

Posso arrivare a capire chi mi dice: si, ma in questo momento se gli ucraini non avessero armi per difendersi soccomberebbero ed anche la ricerca di un accordo negoziale salterebbe, in quanto Putin non avrebbe alcun interesse in essa.

Il fatto è che oggi tutti i governi occidentali senza eccezioni, al di qua e al di là dell'atlantico vedono nella guerra l'unica soluzione: danno armi non solo per difendersi ma per poter proseguire la guerra fino alla vittoria. Considerano la vittoria militare l’obbiettivo principale da perseguire ad ogni costo.

Questa impostazione fa sì che tutta l'economia si stia trasformando in economia di guerra, si rilancia in grande l'industria militare, tutti i Paesi vogliono spendere di più per la guerra, mentre si lanciano campagne di denigrazione verso chiunque parla di pace, chiunque accenna a trattative.

Al Parlamento europeo si continuano a sfornare mozioni, approvate a larghissima maggioranza che chiedono più guerra.

E' a questa campagna, a questa politica che occorre rispondere.

Come se ne esce: io vedo 3 possibili alternative:

        1.     i contendenti si rendono conto che la guerra non conviene a nessuno e si siedono ad un tavolo per un temporaneo cessate il fuoco e la continuazione a bassa intensità fino a che non ci si decide per una conferenza sulla sicurezza in Europa che cerchi di risolvere anche la questione ucraina

        2.     prima o poi i russi cedono, magari sotto la spinta di tensioni interne, perdono la guerra ciò porterebbe ad una seconda deflagrazione della Russia dalle conseguenze imprevedibili

        3.     i russi messi alla disperazione tirano fuori l’arma definitiva e ciò farebbe esplodere la terza guerra mondiale.

Come vedete l’unica soluzione che da speranza è la prima, tanto varrebbe puntare subito su quella invece di bloccarsi in irrealistici sogni di vittoria sul campo.

 

L’appello e le manifestazioni a cui Europe for peace chiama nei prossimi giorni sono per rafforzare questa posizione.

Il movimento per la pace non è riuscito ancora a modificare un'opinione pubblica che sempre di più giustifica le scelte di guerra.

Occorre mettere in piedi un movimento che sia di massa, che unisca sia i nonviolenti, radicalmente contrari alle armi, sia chi giustifica la resistenza armata come extrema ratio ma è altrettanto convinto della necessità che queste armi tacciano al più presto.

Bisogna dare la sveglia alla maggioranza dei nostri concittadini, che pur dichiarandosi contro la guerra non ritengono l'opposizione politica e culturale ad essa una priorità, convincerli che se non si muovono adesso arriverà il momento in cui qualcun altro li "mobiliterà".

Solo una forte pressione dei popoli potrà spingere i governi a imboccare questa strada. Questo è vero in Europa occidentale come in Russia; sappiamo quanto sia difficile per gli oppositori russi alla guerra manifestare; ciononostante molti di loro affrontano la repressione con coraggio.

Noi, che, almeno per ora, siamo liberi di manifestare, dobbiamo farlo anche per loro, dobbiamo farlo per il popolo ucraino che muore sotto le bombe senza vedere la liberazione, dobbiamo farlo per salvare il mondo da una catastrofe immane, dopo la quale non ci sarà liberazione né giustizia ma solo morte e distruzione e odio reciproco per i sopravvissuti.

Siamo ancora in tempo, dunque con questo spirito riempiamo le piazze venerdì e sabato prossimi.

Pubblicato da Paolo Candelari alle 00:59:00 2 commenti:
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su XCondividi su FacebookCondividi su Pinterest

domenica 11 dicembre 2022

Dalla teologia della guerra giusta alla teologia della nonviolenza: un percorso da continuare

 Lo scorso 3 dicembre si mè svolto un convegno per ricondare i 70 anni di fondazione della sezione italiana del MIR - Movimento Internazionale della Roconciliazione.

Io ho svolto una relazione sul cammino ecumenico verso la nonviolenza e sulle prospettive future di questo percorso che riporto qui di seguito

Premessa:

Il Mir sorge e si sviluppo nell’ambito ecumenico. In un’epoca in cui l’ecumenismo non aveva quella generale accettazione da parte delle chiese di cui gode tutt’ora.

Era aspirazione di piccolo minoranze in ambito cattolico, assente nel mondo ortodosso, un po’ più diffuso in ambito protestante anche se ancora guardato con sospetto.

C’erano però iniziative diffuse sul problema pace e guerra, un internazionalismo pacifista Cristiano, soprattutto ad opera delle varie Peace Society era attivo dalla fine del secolo XIX. Ci si chiedeva come era possibile che cristiani potessero scendere in guerra contro altri cristiani, proclamando l’amore universale di Cristo. Il socialismo aveva inventato l’internazionalismo proletario, il comune interesse di lavoratori e sfruttati travalicava gli angusti confine nazionali utili a mantenere lo sfruttamento.

Così anche i cristiani, che la fratellanza universale aldilà delle nazioni l’hanno nel DNA, dovevano arrivare al ripudio della guerra.

In questo humus, crebbe e si sviluppò il MIR internazionale ossia l’Ifor.

Oggi l’ecumenismo è celebrato da tutti come il percorso che interroga tutte le Chiese, ed in quest’ambito un discorso particolare riguarda l’atteggiamento nei confronti della guerra.

 

Dalla guerra giusta alla teologia della nonviolenza

Praticamente tutte le chiese nel ‘900 accettano la teoria della guerra giusta, formalizzata da S. Tommaso d’Aquino nel ‘200, ma già elaborata da sant’Agostino in seguito al sacco di Roma (410).

Ma dopo le 2 guerre mondiali, e soprattutto con lo sviluppo delle armi atomiche ci si pone la domanda se possa ancora esistere una guerra giusta, visto che ognuna di esse può evolvere in guerra atomica.

Il ‘900 oltre ad essere il secolo delle due guerre mondiali, dell’olocausto (ce n’è stato più d’uno in realtà) è anche il secolo di Gandhi, della pratica e della teorizzazione della nonviolenza, non solo come filosofia, come concezione del mondo, ma come metodo per ottenere giustizia senza ammazzare: e le chiese cristiane non potevano restare insensibili.

Il MIR internazionale ebbe la sua parte in questo cammino dalla “guerra giusta” alla “teologia della nonviolenza”. Sin dagli anni ’50 Jean e Hidegard Goss iniziarono la loro opera “di convinzione”, e trovarono alcune porte aperte. Poi col Concilio organizzarono insieme ad altri, Lanza del Vasto, Dorothy Day, Thomas Merton, una azione che oggi definiremmo di “lobbying” per ottenere un riconoscimento dell’obiezione di coscienza, l’immoralità e dunque  la condanna delle armi di distruzione di massa (ABC), il riconoscimento della via nonviolenta come via evangelica.

Se guardiamo la situazione ad oggi tutti e 3 gli obbiettivi possono dirsi sostanzialmente raggiunti; il cammino però è stato lungo e si è svolto prevalentemente dopo il Concilio. Un capitolo della Gaudium et Spes riguarda la questione pace e guerra e lì c’è una apertura all’obiezone di coscienza come testimonianza (tenere conto che solo 10 anni prima, nel dibattito che si era sviluppato in Italia al seguito del processo a Pietro Pinna era stata bollata come scelta coraggiosa ma da non seguire), la condanna dell’uso, ma non della deterrenza, delle armi ABC.

Nel ’63 era però uscita la Pacem in Terris, pietra miliare di questo cammino, dove la guerra viene definita folle (alienum est a ratione), concetto che andrebbe ribadito oggi a tutti coloro che pensano che la guerra sia l’unico strumento per ripristinare giustizia).

Il movimento ecumenico, che dal 1948 ha uno strumento il consiglio ecumenico delle chiese, che riunisce la maggior parte delle chiese protestanti ed ortodosse e la chiesa cattolica, che non è membro effettivo, ma collabora ai lavori, ha anch’esso fatto passi Avanti, ed ha contribuito a questo cammino della Chiesa cattolica.

Altra pietra miliare nel cammino ecumenico verso la pace è stato l’incontro di Basilea, prima assemblea ecumenica europea tenutasi nel Maggio 89 (toh pochi mesi prima della caduta del muro) a cui parteciparono cattolici, protestanti, ortodossi sui temi di pace, giustizia salvaguardia del creato (il programma del mir), a cui seguirono quella di Graz, Sibiu, mentre nel 2013 a Busan, in Corea del Sud l’assemblea del WEC definisce in un documento la via per una pace giusta, ribaltando la teologia della guerra giusta in quella della pace giusta.

Tutto questo cammino abbiamo cercato di descrivere io e Ilaria Ciriaci nel libro “guerra pace e nonviolenza” uscito nel 2015 per le edizioni paoline.

Oggi abbiamo le numerose prese di posizione di papa Francesco, che ha continuato quel cammino fino ad arrivare a prefigurare una teologia della nonviolenza. Il Vaticano è stato uno dei primi stati ad aver ratificato il Trattato ONU che mette al bando le armi nucleari, ha dedicato la giornata della pace del 2017 alla nonviolenza, e si spende per la pace in ogni dove con grande passione ed intelligenza.  L’insegnamento di papa Francesco va proprio in direzione della ricerca di un nuovo modo di concepire le relazioni internazionali, favorendo tutte quelle azioni che cercano di ristabilire giustizia, perché sappiamo tutti che non ci può essere pace senza giustizia, con i metodi della nonviolenza, lottare senza uccidere, ribellarsi senza distruggere, giacché sappiamo altresì che senza pace non c’è giustizia

 

 

Le sfide dell’ecumenismo oggi.

Oggi si parla ormai di inter-religiosità, non solo più di ecumenismo. Lo stesso IFOR si definisce movimento inter-religioso, travalicando l’ambito Cristiano. E’ ovvio che questa attività interreligiosa non può toccare il contenuto diciamo dogmatico della fede che rimane distinto e come tale va rispettato, ma l’attività. Qualunque sia il nome con cui preghiamo Dio, o semplicemente la nostre risposte che diamo alle domande “ultime”, tutti però dobbiamo riconoscerci come fratelli e sorelle, rispettare il diritto sacro alla vita di ciascuno di noi, e cercare le vie per gestire questa difficile convivenza tra ormai 8 miliardi di persone senza uso di violenza, di morte data, e dobbiamo iniziare col bandire la guerra dalla storia, a cominciare da quele micidiali armi in grado di distruggere la Terra, annullando la Creazione di Dio.

Documenti ce ne sono stati tanti, ma i problemi iniziano quando si scende alle scelte concrete nel loro contest specifico.

Ecco che oggi assistiamo all’assurdo che una guerra tra Stati provoca una guerra tra chiese. Abbiamo ascoltato le parole del patriarca di Mosca Kirill a sostegno della guerra; neanche un accenno, un invito almeno ad evitare i fatti più cruenti, molti di noi sono rimasti inorriditi; e gli attacchi al papa, anche da parte di alti prelati della chiesa Greco-cattolica (Uniate) di Ucraina per i suoi gesti di riconciliazione come quando alla via Crucis ha chiesto ad una famiglia ucraina ed una russa di portare la croce.

Sembrano passati secoli dall’incontro di Basilea.

Eppure occorre rivitalizzare quel cammino ecumenico, proprio perché attraverso quello possiamo far breccia nei sentimenti eccessivamente nazionalisti di alcune chiese; soprattutto facendo attenzione a rispettare le convinzioni reciproche, ma tra cristiani non bisognerebbe mai ricorrere alla guerra.

Nell’attività del movimento pacifista forse occorrerebbe fare uno spazio per cercare contatti parlare incontrarsi con le comunità ortodosse senza cadere nell’errore che spesso fanno gli occidentali (noi siamo occidentali) di voler insegnare agli altri come comportarsi.

Associazioni come la comunità di Sant’Egidio svolgono un compito preziosissimo nel curare i rapporti con le alter chiese.

La ripresa del cammino ecumenico per la pace sarà determinante per la ricostruzione di un mondo distrutto dalla guerra attuale che non riguarda solo l’Ucraina.

Questo nella consapevolezza che oggi le religioni non hanno più quella influenza sulle coscienza dei popoli, ma costituiscono un punto di riferimento importante

Pubblicato da Paolo Candelari alle 00:37:00 Nessun commento:
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su XCondividi su FacebookCondividi su Pinterest
Etichette: chiese, nonviolenza, pace

domenica 13 novembre 2022

in piedi popolo della pace


Di ritorno dalla bella manifestazione per la pace svolta a Roma il 5 novembre scorso 2 sono le domande- riflessioni che mi sto ponendo.

Una viene costantemente ripetuta da coloro che questa manifestazione hanno contrastato, boicottato, inventandosi una contromanifestazione a Milano: si dice che non può esistere pace senza giustizia e dunque chiedere pace senza preoccuparsi di ripristinare una giustizia, vera o presunta, violata è ipocrisia, quando non connivenza col “nemico”; infatti noi pacifisti veniamo definiti ipocriti e “putiniani”. Rispondere a questi che ci pongono questa domanda non serve a niente, perché la loro è una provocazione, ma il problema c’è, eccome! 

Tante volte ci siamo detti che la vera pace non si può costruire accettando il sopruso, lo sfruttamento, le diseguaglianze, e che precondizione per la vera pace è quantomeno la ricerca di condizioni che eliminino questi fenomeni. Dunque non ci può essere pace dove non c’è giustizia, ma a questo punto sorge un’altra domanda: ci può essere giustizia dove non c’è pace? Non è la guerra la negazione stessa di ogni giustizia, un evento che tutto piega alle sue esigenze, dove la vita umana non ha più alcun valore? Non è la pace la precondizione su cui si possa iniziare e condurre un cammino, pieno di conflitti, ma non guerre, verso una sempre maggior giustizia?

Per questo nella convocazione della manifestazione del 5 novembre si mette al primo punto “cessate il fuoco”, attenzione! Non la pace, che è obbiettivo da raggiungere, non alla portata oggi; ma che si fermino le armi, si cessi di uccidere. Solo una volta tacitate le armi sarà possibile innanzitutto avviare una trattativa vera, che coinvolga tutti gli attori, non solo i 2 che si stanno combattendo sul campo, che cerchi di venire incontro alle esigenze di tutti questi attori, nel rispetto della libertà e della sovranità di tutti. Ma soprattutto solo quando cesseranno di parlare le armi sarà possibile ragionare sulle responsabilità, potranno uscire dalla clandestinità coloro che a questa guerra si sono sempre opposti, in Russia, in Ucraina e ovunque. Se la prospettiva è la vittoria militare essa sarà comunque sempre ingiusta per qualcuno, darà libero sfogo alle vendette che sono il contrario della giustizia. 

Ma noi oggi siamo di fronte ad un’altra terribile prospettiva, essendo la guerra principale tra Russia e USA, potenze che hanno circa 3000 bombe nucleari a testa, in grado di distruggere il pianeta più volte, detenute in spregio del diritto internazionale, visto che è in vigore il Trattato ONU che le mette al bando, non dimentichiamolo mai. La Russia non accetterà di perdere la guerra, e non esiste possibilità di guerra nucleare limitata, questa sì è un’ingenuità da “anime (non) belle”.

Fermare questa macchina infernale, ormai senza guida, prima che sia troppo tardi, dovrebbe essere dovere morale di ogni uomo o donna, altrimenti proprio l’Ucraina sarà la prima regione ad essere distrutta e resa inabitabile per decenni, con tutti i suoi abitanti, e noi a seguire.

L’altra domanda che mi è stata posta da un’amica pochi giorni prima di partire per Roma è : “ma servono le manifestazioni per la pace?”. Altra domanda da prendere sul serio anche se chi la pone (non è il mio caso) spesso lo fa in maniera provocatoria.

Ad una disamina storica le principali guerre del Novecento ed anche dopo sono state precedute da punte alte della mobilitazione pacifista; era così nel 14-18, negli anni 30, e possiamo ricordare la prima (‘91) e seconda (‘03) guerra nel golfo. Dunque sembrerebbe che le manifestazioni non servano a fermare le guerre. 

Forse non sono sufficienti a fermarle ma un grande ed ampio movimento per la pace può determinare cambiamenti importanti nella politica interna ed internazionale. 

Pensiamo al grande movimento di opposizione agli euro missili degli anni ’80: non riuscì a fermare l’installazione degli euromissili ma contribuì all’avanzare di proposte come l’opzione zero, ebbe influenza anche oltre cortina, tanto che lo stesso Gorbaciov affermò essere stato proprio quel movimento, prevalentemente occidentale, ma con agganci anche all’Est, persino nel PCUS, una delle spinte ad una nuova politica di pace che portò poi non solo allo smantellamento degli euro missili, ma ad azioni di disarmo globale come mai ce ne furono al mondo. 

Nel 2014 una grande mobilitazione, invocata da papa Francesco, fermò una campagna di bombardamenti, già preparata e pronta a partire sulla Siria.

Dunque una manifestazione da sola non serve, ma come espressione di un movimento per la pace diffuso, è utilissima. 

Oggi questo movimento ha un grande ed autorevole “animatore”: papa Francesco. Va diffuso oltre i confini italiani, deve espndersi in Europa in America ma soprattutto deve collegarsi agli obiettori ed oppositori russi. La grande sfida è riuscire a vedere manifestazioni per la pace in Russia. 

Noi oggi viviamo una vera e propria campagna pro-guerra in cui la difesa della libertà degli ucraini costituisce la giustificazione, ma che va ben oltre la questione ucraina e che è guerra tra due imperialismi.

La manifestazione di Roma del 5 novembre ha ridato visibilità, coraggio e forza ad un movimento per la pace che ora deve continuare l’impegno contro tutti gli imperialismi e per una pace giusta in Ucraina, nel Medio Oriente, in Africa e dovunque nel mondo e che sarà un processo lungo che i conflitti armati possono solo rallentare e mai aiutare.

Dunque in piedi amanti della pace, fermiamo questa gierra e la gigantesca corsa al riarmo in corso. Non abbiamo rappresentanza politica ma abbiamo il sostegno ancor troppo debole della maggior parte del nostro popolo


Pubblicato da Paolo Candelari alle 13:26:00 Nessun commento:
Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su XCondividi su FacebookCondividi su Pinterest
Etichette: pace
Post più recenti Post più vecchi Home page
Iscriviti a: Post (Atom)

Informazioni personali

Paolo Candelari
Visualizza il mio profilo completo

Archivio blog

  • ▼  2025 (11)
    • ▼  luglio (1)
      • Nato. L’insostenibile 5%
    • ►  giugno (5)
    • ►  aprile (3)
    • ►  marzo (1)
    • ►  febbraio (1)
  • ►  2024 (12)
    • ►  dicembre (1)
    • ►  novembre (1)
    • ►  ottobre (1)
    • ►  agosto (1)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (2)
    • ►  maggio (1)
    • ►  aprile (1)
    • ►  marzo (2)
    • ►  gennaio (1)
  • ►  2023 (6)
    • ►  novembre (1)
    • ►  giugno (1)
    • ►  maggio (1)
    • ►  aprile (2)
    • ►  febbraio (1)
  • ►  2022 (5)
    • ►  dicembre (1)
    • ►  novembre (2)
    • ►  ottobre (2)
  • ►  2021 (2)
    • ►  marzo (1)
    • ►  gennaio (1)
  • ►  2020 (3)
    • ►  settembre (1)
    • ►  giugno (1)
    • ►  maggio (1)
  • ►  2019 (2)
    • ►  ottobre (1)
    • ►  settembre (1)
  • ►  2018 (3)
    • ►  giugno (1)
    • ►  aprile (1)
    • ►  marzo (1)
  • ►  2017 (9)
    • ►  giugno (1)
    • ►  aprile (2)
    • ►  marzo (6)
  • ►  2016 (5)
    • ►  dicembre (1)
    • ►  novembre (1)
    • ►  luglio (1)
    • ►  giugno (1)
    • ►  maggio (1)
  • ►  2014 (1)
    • ►  settembre (1)

Riviste

  • Raccolta su Disarmo

rivista

View my Flipboard Magazine.
Tema Semplice. Immagini dei temi di gaffera. Powered by Blogger.