Il 9 aprile ricorreva l’ottantesimo anniversario della morte di Dietrich Bonhoeffer, teologo luterano che si oppose a Hitler ed al nazismo.
È stato ucciso, impiccato ad un gancio nel campo di concentramento di Flossenbürg, pare per espresso ordine dello stesso Hitler, che a guerra ormai persa, pochi giorni prima del suo suicidio, volle cancellare la vita di questo innocuo e nonviolento oppositore: non sopportava l’idea che gli sopravvivesse.
Bonhoeffer era in carcere da 2 anni, per le sue prediche così contrarie all’ideologia nazista.
Su “Resistenza e resa” uno dei suoi libri più famosi si sono formate generazioni di cristiani nonviolenti.
Bonhoeffer aveva rivolto nel 1934, mentre era appena ripresa la corsa agli armamenti, e si tornava a parlare di guerra, un appello, rimasto inascoltato, a convocare un «grande concilio ecumenico della santa chiesa di Cristo da tutto il mondo» il quale sarebbe l'unica autorità in grado di parlare di pace in modo che il mondo, digrignando i denti, debba udire la parola della pace in modo tale che «i popoli si rallegrino perché questa Chiesa di Cristo toglie, nel nome di Cristo, le armi dalla mano dei suoi figli e vieta loro di fare la guerra e invoca la pace di Cristo sul mondo delirante ... ».
Quest’appello risulta di grande attualità oggi: un concilio di tutte le chiese cristiane, un incontro sulla scia di quelli di Basilea, Graz e Sibiu, che veda insieme cristiani da tutta Europa che parlano di pace, disarmo, fratellanza.
Allora il concilio non si tenne, ma si fece la guerra.
Proviamo a fare il contrario.