mercoledì 11 giugno 2025

Alcune riflessioni sul referendum

 

Il risultato è deludente: 30%, neanche un italiano su 3 che voglia interessarsi alle decisioni che lo coinvolgono! Che disastro!

Trovo ridicolo il tentativo di accaparrarsi vittorie e distribuire sconfitte: qui ha perso la democrazia, abbiamo perso tutti , indipendentemente dai quesiti posti e dal loro esito. È un problema non certo solo per la sinistra (se esiste ancora qualcosa che si possa definire tale) o per i progressisti, ma per tutti, moderati, liberali, e, direi anche di destra.

Un problema che sarebbe bene affrontare alle sue radici.

Dopo questo tuffo di depressione, però, qualche ragionamento più analitico bisogna farlo, e magari scopriamo che ci sono anche elementi positivi.

Una analisi del voto letta su facebook suggerisce di andare a controllare i dati a Matera, città dove si votava per il ballottaggio delle comunali: i cittadini di Matera che sono andati per il secondo turno al 57% di partecipazione hanno votato per il referendum con il 53% e nonostante abbiano consegnato la vittoria al candidato di centrodestra hanno scelto i SI per i diritti del lavoro all’ 80% e quelli per i diritti di cittadinanza dei migranti al 60%. Per curiosità sono andato a controllare i dati di altre città nella stessa situazione: Taranto, Fiano romano, poi ho smesso perché i dati erano simili: percentuali di partecipazione al ballottaggio attorno al 50%, per i referendum 3,4 punti in meno con risultati in linea a quelli nazionali, 80 sul lavoro 60 su cittadinanza.

Cosa dedurne?

1)      Chi non è andato a votare lo ha fatto perché la politica non lo interessa; non è assolutamente una espressione di voto sul referendum: il 70% di astenuti sono astenuti e basta, non aggregabili a nessuno schieramento.

2)      Tra chi si è espresso abbiamo un plebiscito sui temi del lavoro, il che vuol dire che la CGIL (il referendum è praticamente suo) interpreta bene l’opinione degli italiani (il problema è che non basta l’opinione, occorre anche crederci).

3)      Sulla cittadinanza, sempre tra chi si è espresso, vi è una solida maggioranza per i diritti di cittadinanza agli italiani di origine straniera (sono italiani anch’essi ormai, solo senza cittadinanza); questo anche tra l’elettorato di destra, non è poi una brutta notizia.

4)      Il quorum non ha senso, permette solo a chi è per il No, ma teme di perdere, di fare la furbata di aggiungere i propri (pochi) voti agli ormai numerosissimi disaffezionati elettori che rinunciano al proprio diritto: e poiché questi ormai viaggiano prossimi al 50% il giochino è fatto, e viene ripetuto ad ogni referendum.

Allora abbiamo vinto? Possiamo essere soddisfatti?

Assolutamente no, proprio perché incombe la scelta di rinunciare alla democrazia (anche questa è una scelta, anche se inconsapevole) del 70% degli italiani, anche se bisognerebbe mettere nel conto il silenzio stampa sui referendum di tutti i grandi media, rotto solo negli ultimi giorni, lo stillicidio di minielezioni fatte ogni 15 giorni, in giorni diversi, ma rimaniamo sul fatto che dove 2 cittadini su 3 rinunciano al diritto di votare, lì la democrazia è malata.

L’altro elemento è che non basta “esprimere un’opinione” quando ci viene fatta una domanda; la democrazia è partecipazione, i diritti, gli obbiettivi, bisogna conquistarseli, ma se neanche si vuol fare la fatica di passare dal seggio, in genere a non più di 200 metri da casa, e mettere la croce in una scheda, per trasformare la propria “opinione” in decisione, è lì il problema. E lo stesso problema c’è su argomenti come pace e disarmo: è vero che posti di fronte alla domanda se vuoi il riarmo, la maggioranza risponde no, giammai, ma questa maggioranza cosa è disposta a fare per impedire che questo riarmo vada avanti?

Partire di qui, con la consapevolezza di questo enorme problema, da cui discendono tutti gli altri, ma anche con la coscienza che si stanno interpretando esigenze giuste, su cui il consenso potrebbe esserci, se solo si riuscisse a dare più fiducia al popolo, è il compito che dovrebbero sobbarcarsi tutte le forze sedicenti di sinistra e progressiste.

Vedo invece circolare commenti, alcuni interessati, altri semplicemente autolesionisti, sulla fine dell’ipotesi di una sinistra che faccia del lavoro il proprio problema, sul fallimento della Schlein, primo segretario del PD che ha cercato di spostarlo un po', pochino, più a sinistra, come se gli altri non fossero andati incontro a rovinosi disastri.

Oggi ci troviamo di fronte a 2 pericoli come conseguenza di questi referendum: l’affossamento dell’istituto referendario e il ritorno ad una rincorsa al centro che toglierebbe ulteriori consensi alla sinistra senza conquistarne di nuovi.

 

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