mercoledì 23 aprile 2025

Addio a papa Francesco.

 

Risuonavano ancora nell’aria le note dell’Exultet proclamato la sera di Pasqua, i rintocchi gioiosi che ripetevano, come ogni anno, l’annuncio prodigioso: “Cristo è risorto”. Il nostro caro papa Francesco veniva chiamato là dove il Risorto ci aspetta; è la speranza che proclamiamo tutti noi più o meno degni del nome che ci fregiamo di cristiani, che dovremmo attendere con gioia; eppure che tragedia per chi rimane.

Era una notizia attesa; io, personalmente, me l’aspettavo da un momento all’altro, da quei giorni di febbraio in cui Francesco era stato ricoverato a vivere il suo personale calvario; ad un certo punto sembrava ce l’avesse fatta: non era questa la sua ora, mi dissi; invece era proprio questa la sua ora, la sua Pasqua così simbolicamente coincidente con la Pasqua liturgica.

Se n’è andato un pastore, una guida, colui che ci spronava e ci rassicurava al tempo stesso, che ci pungolava a seguire il Maestro, con i fatti, non solo a chiacchiere.

E’ stato il mio papa; quello a cui mi sono sentito più vicino, in cui più mi sono riconosciuto.

Intendiamoci, dissento da chi cerca improbabili confronti coi papi precedenti, pensando che per esaltare papa Francesco si debbano denigrare i precedenti, come ho visto scrivere; la storia della chiesa, come tutta la storia in genere, ha una sua continuità, e anche papa Francesco arriva al culmine di un cammino che ha radici lontane.

Prendiamo il tema pace e nonviolenza, che è uno di quelli che mi interessano maggiormente; come non ricordare la Pacem in Terris di Giovanni XXIII e quel suo definire la guerra moderna fuori dalla ragione, l’appello di Paolo VI davanti all’assemblea generale dell’ONU “mai più la guerra”, e Giovanni Paolo II che ripete a non finire che la “guerra è un’avventura senza ritorno”; e Benedetto XVI parla di magna charta della nonviolenza cristiana”.

Dunque il percorso è stato lungo ma progressivo.

Non c’è dubbio, però, che con Francesco la condanna della guerra, di qualsiasi guerra, anche quella di difesa, è diventata totale, radicale, chiara, non soggetta ad interpretazioni; e la nonviolenza diventa la proposta di un nuovo stile a cui la politica tutta dovrebbe ispirarsi; non si tratta più di frasi, discorsi, incisi, un ‘dicui’; diventa la base del suo magistero sociale.

Il discorso non si limita al rifiuto dei conflitti armati, ma diventa ricerca di quelle condizioni che favoriscono e sostanziano la pace giusta, senza cui si può avere sospensione dei combattimenti, ma non pace vera: la perequazione tra ricchi e poveri, il superamento del capitalismo, la ricerca della giustizia, la cura dell’ambiente e la salvaguardia delle risorse. Espressione compiuta e sistematica di tale magistero è la Laudato si, ma anche la Fratres omnes.

Per uno come il sottoscritto che ha dedicato almeno i 2/3 della propria vita alla ricerca della nonviolenza e dei modi per poterla realizzare è stato un conforto, un aiuto, uno stimolo, una fonte di ispirazione. Se aggiungiamo che sono da sempre cristiano, anche se imperfetto, ho trovato in papa Francesco quella conferma di essere sulla strada giusta, una gioia insperata.

Non gli sono state lesinate critiche ed opposizioni, ed anche parole di disprezzo e odio, da tanti che pur si dicono cristiani; non c’è da meravigliarsi: sorte anche peggiore venne riservata a Nostro Signore; d’altra parte ci avvertì che non dovevamo aspettarci consensi universali, anzi, ci mise in guardia dal cercarli. Il messaggio di Cristo è da sempre uno scandalo!

Molti lo hanno rimproverato di badare più alle questioni sociali che a quelle dottrinali, di aver intaccato le certezze della fede per inseguire ideologie eco-social-progressiste; di aver trasformato il tempio sacro di Dio in un “ospedale da campo”.

In realtà stiano tranquilli i “conservatori”; Francesco non ha toccato neanche una virgola della dottrina né dogmatica né morale; ciò che è radicalmente mutato è l’atteggiamento; non aspetto che i lontani si ravvedano e si avvicinino, li vado a cercare, li aiuto, mi mostro loro amico nel concreto; proprio come faceva Gesù.

La sua è stata una rivoluzione pastorale, non dottrinaria. La fede è sempre quella, in Cristo Risorto. Appunto non ha bisogno di un tempio magnificente, ma di un “ospedale da campo”, dove il medico non indaga su chi sei e perché sei ferito: ti cura, e poi ti dice anche cosa fare per non riferirti di nuovo.

Ora che ci ha lasciato mi sento orfano, come quando muore tuo padre: ti senti sperso, triste, ti manca quello che è stato un punto di riferimento, ma orgoglioso di aver potuto usufruire di un tale sostegno; e la certezza che questo sostegno non ti verrà mai meno; oggi la via della nonviolenza evangelica è difficile, il mondo rifiuta quel messaggio, correndo verso l’abisso: l’inferno non come luogo escatologico, ma creato dagli uomini qui su questa terra.

Ma Francesco ci ha lasciato l’ultimo messaggio: La luce ha vinto le tenebre. La verità ha vinto la menzogna. Il perdono ha vinto la vendetta.”  

Con questa certezza continuiamo il nostro impegno, forti a sufficienza per affrontare tutte le difficoltà.

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