giovedì 2 giugno 2016

2 giugno 2016: 70 anni di repubblica democratica.



E’ strano che in un periodo come il nostro in cui c’è una corsa all’anniversario da celebrare, il 70esimo della Repubblica passi sostanzialmente inosservato, ricordato per la “prima volta” del voto alle donne, evento certamente importante, ma dimenticato per l’evento fondante del nostro Stato.
Mi verrebbe da dire polemicamente: certo!, dal momento che questa Repubblica, “nata dalla Resistenza”, come si diceva in tempi ormai lontani, sia cronologicamente che moralmente, la si vuol cambiare perché vecchia, obsoleta, ecc, è inutile starla troppo a celebrare.
E invece per me, e per molti ancora legati ai valori della democrazia più genuina “il governo del popolo per il popolo”, quella data riveste un significato particolarmente importante, una data da segnare, non solo come ricordo di un passato, tanto per celebrare, ma come impegno da rinnovare.
Due sono le considerazioni che mi vengono in mente:

1 – il 2 giugno è la data di una consultazione popolare, in cui i cittadini hanno scelto, in maniera pacifica, di fondare la repubblica. Contemporaneamente si è svolta l’elezione dell’assemblea costituente. Dunque non una guerra, una battaglia, neanche una sommossa, né trattative diplomatiche, hanno determinato la nascita della repubblica. Un fatto che andrebbe sottolineato: il nostro Stato ha all’origine un atto non violento, anzi uno dei principali atti nonviolenti, come sosteneva don Milani, che nella sua famosa lettera ai giudici sosteneva che due erano gli strumenti “nonviolenti” a disposizione del popolo: il voto e lo sciopero. E’ vero che quel referendum era stato reso possibile dalla cadute delle dittature nazi-fasciste in Europa, avvenuta grazie ad una lunga e sanguinosa guerra, e ad una Resistenza pur sempre armata. Ma va sottolineato che mentre la guerra può distruggere, la mobilitazione pacifica e senza armi serve a costruire. In questo contesto non si capisce cosa c’entri la “parata militare”, questa ricerca a tutti i costi di un ruolo per l’esercito, che storicamente non ha avuto. E per questo la data del 2 giugno andrebbe benissimo come festa popolare nonviolenta, delle forze nonviolente di pace, anziché militare.

2- la seconda considerazione riguarda proprio l’altro aspetto della fondazione della repubblica: l’elezione libera di coloro che hanno scritto la Costituzione. Non dimentichiamo che nell’assemblea costituente erano rappresentate forze politiche molto diverse tra loro, che facevano riferimento a ideologie antitetiche le une alle altre: eppure sono riuscite ad elaborare una sintesi positiva, un risultato in cui ognuna delle 3 ideologie allora presenti (social-comunista, cattolica democratica, liberale) ha messo il meglio, con un risultato di gran lunga migliore di quello che avrebbe potuto dare ciascuna di esse presa singolarmente. La nostra Costituzione non è semplicemente una struttura dello Stato, una ratifica dell’esistente, ma ha un risvolto programmatico, laddove, soprattutto nella prima parte, da indicazioni delle azioni da intraprendere per realizzare una situazione che essa prefigura, ma che neanche oggi è completamente realizzata.
Oggi, anziché proseguire applicando quelle indicazioni, la si vuole modificare: il problema, intendiamoci, non sta nel fatto che vengano proposte modifiche: nessuna Costituzione, nessuna legge è immodificabile. E’ il contesto politico-culturale che sta attorno a questi tentativi di modifica che non va. E’ proprio quello Stato sociale, prefigurato dalla Costituzione, che si vuol modificare profondamente; la nostra come anche altre Costituzioni sono state definite obsolete proprio perché ostacolano quell’affermarsi del liberismo selvaggio che è diventata la religione assoluta di un’Europa mai così priva di religioni e di valori come adesso. E dunque via tutti i “lacci e lacciuoli” che rendono poco fluido lo strapotere dei “rappresentanti” del mercato, da sostituire a quelli del popolo. L’esercizio della democrazia, la necessità di raggiungere nuovi e migliori sintesi, diventa un ostacolo da rimuovere.

In conclusione dovremmo ricordarci che le conquiste sociali e democratiche non sono mai date una volta per tutte, ma vanno continuamente difese, ed oggi sono in pericolo.
L’impegno politico del futuro dovrebbe essere per difendere ed allargare quei diritti e quelle condizioni che i costituenti hanno posto alla base della nostra repubblica.
Dunque più stato sociale per realizzare una maggiore giustizia economica e difesa nonviolenta al posto del riarmo in corso; questa è la nostra festa della repubblica; l’opposto di dove ci sta portando l’attuale classe politico-economica!

(articolo pubblicato sul sito del Centro Sereno Regis l'1 giugno 2016 vedi qui

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