Il 5 giugno scorso il ministro della difesa tedesco Pistorius (socialdemocratico) ha dichiarato che la Germania deve essere pronta a combattere una guerra entro il 2029: "Dobbiamo fare deterrenza per evitare che si arrivi al peggio". I tre pilastri della difesa sono: "personale, materiale e finanze. Perciò ritengo necessarie nuove forme di servizio militare e presenterò presto delle proposte" anche per quanto riguarda le forme di obbligatorietà, ha aggiunto.
Tali dichiarazioni sono state fatte al Bundestag, il Parlamento tedesco; dunque, non si tratta di chiacchiere in una intervista o ad un talk-show, ma di dichiarazioni ufficiali, a cui seguono provvedimenti concreti.
Non è un fatto isolato; esse seguono una serie di interventi, dichiarazioni, appelli, Macron, Stoltenberg, altri, che cercano di creare un clima, preparano l’opinione pubblica ad affrontare nel breve una guerra, non più per interposta persona, come finora fatto con gli ucraini, ma direttamente; e si cominciano a preparare gli apparati.
Il pericolo è sempre Putin, che vuole arrivare a conquistare tutta l’Europa e che arriverà a Lisbona, anche se per il momento è fermo a Mariupol.
D’altra parte lo stesso Putin torna a ventilare il rischio di un’escalation e sempre il 5 giugno, di fronte alla stampa estera, ha dichiarato che «Fornire armi in una zona di conflitto è sempre male, un passo pericoloso e grave”; lui ritiene preferibile usarle direttamente queste armi!
Nella stessa occasione ha ribadito che Mosca è pronta a sedersi al tavolo dei negoziati, sostenendo che il miglior modo per arrivare presto allo stop del conflitto è che «l’occidente smetta di fornire armi all’Ucraina». Chissà se gli è mai venuto in mente che un modo anche migliore per sedersi ad un tavolo sarebbe che i russi sospendessero di bombardare l’Ucraina!
Per il momento, visto che lo fanno gli occidentali, anche la Russia avrebbe «il diritto di fornire armi dello stesso tipo alle regioni del mondo che potrebbero essere interessate a colpire gli interessi occidentali».
A queste dichiarazioni che vanno di escalation in escalation, di minaccia in minaccia, con la guerra che si incrudelisce sempre più, si aggiunga anche la preparazione, diciamo così, culturale. Janan Ganesh, editore associato del Financial Times, una Bibbia per il mainstream radical-chic dei nostri tempi, ha pubblicato un articolo dal titolo "Il prezzo della pace è la stagnazione", in cui, dopo aver mostrato che le arti, la scienza e l’economia si rinnovano e progrediscono grazie alla guerra, trae le conclusioni dicendo che: primo, il trauma porta l’immaginazione verso nuovi spazi, secondo, le idee risultanti si vendono meglio grazie allo sconquasso generato, infine che “la violenza stessa porta spesso all’innovazione tecnica”. Insomma, della serie: “la guerra sola igiene dell’umanità.
L’aspetto più drammatico di tutte queste notizie sta proprio nel fatto che ormai la classe dominante europea dà per scontato che si va verso una guerra, perché è fallita l’ipotesi (ingenua) che bastava fare il muso duro ed il regime di Putin sarebbe crollato. Non solo si è rafforzato, a spese dei pochi ma tenaci obbiettori ed oppositori russi, perseguitati in patria e malvoluti fuori, ma risulta chiaro che non si riuscirà a batterlo sul terreno militare, né lui sarà disposto a cedere.
Stabilito che l’Europa, l’Occidente non può cedere, né abbassarsi a cercare la trattativa, non rimane che prepararsi all’inevitabile guerra. Nascondendo, anzi rimuovendo il fatto che essa diventerà nucleare, e la distruzione si abbatterà sull’Europa.
Domani e dopodomani andremo a votare; potrebbe essere una delle ultime occasioni che abbiamo per opporci, per manifestare con voce chiara che i popoli d’Europa, quelli responsabili, la guerra NON LA VOGLIONO!!!
Al termine di una campagna elettorale in cui si sono tentate tante “distrazioni di massa”, in cui si vuol far credere che l’alternativa sia tra europeisti (scordandosi che molti di questi sedicenti europeisti sono stati tenaci demolitori dell’idea di un’Europa unita solidale vicina ai propri popoli) e sovranisti, il tema della pace, almeno in Italia, sembra riguadagnare voce.
La vera posta in gioco oggi è la questione pace e guerra; se riteniamo che l’Occidente, perciò l’Europa, debba affrontare i cambiamenti epocali cercando nuovi equilibri e la coesistenza con altri popoli e culture, oppure riteniamo che la presunta supremazia occidentale possa essere difesa solo con la guerra.
Gravissimo sarebbe pensare che i giochi sono già fatti, che in fondo tutti i partiti sono uguali, che le elezioni non servono; mai come oggi servono a lanciare un messaggio chiaro: sulla pace e sulla guerra si possono perdere o guadagnare consensi.
Una forte affermazione delle liste e dei candidati che all’interno si battono per la pace potrebbe iniziare un’inversione di tendenza; è difficile, lo so, ma …. potremmo non avere tante altre occasioni.
Il coordinamento AGiTe tramite la campagna #tivotosolose, ha raccolto l’impegno di 52 candidati (vedi) alle elezioni regionali (Piemonte) ed europee (NordOvest) su 2 punti specifici ma significativi: 1 adesione al Trattato ONU che mette al bando le armi nucleari, 2 riduzione, non aumento, delle spese militari.
In altri tempi avrei detto stiamo attenti a impegni “chiacchiere e distintivo”, ma oggi si tratta di candidati coraggiosi, perché nel clima in cui siamo, ci vuole coraggio e determinazione a dichiararsi pacifisti, in quanto si viene additati come disfattisti, irresponsabili.
Votiamo per loro, per le loro liste, diamo loro la preferenza.
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